Alessandro Chalambalakis Dichiarazione di guerra alla fragilità
contemporanea Proscenio Siete all’interno di menti che non accettano limiti ma che, allo stesso tempo, in ogni nuovo attimo di coscienza di sé, ripristinano confini e gerarchie. Siamo il chaos imbrigliato, l’esercito che custodisce il disordine, la legge che segretamente ama il saccheggio e la barbarie. Il mondo in quanto tale ci appartiene ma ciò nonostante sentiamo separatezza, conflitto, distanza. Noi non abbiamo un posto fra i nostri presunti amici. Nessun amico da salvare. Ci troviamo quindi
ad avere nemici da rispettare. “Qui giacciono coloro che non avendo
amici altro non fecero che condurre una solitaria guerra rispettando i
loro nemici.” Siamo coloro che evocano fuori dal cerchio. Assistiamo a noi stessi come alla sacralità del misconosciuto, del naufrago, del viandante (e della sua ombra), di coloro che viaggiano, che conoscono tutti ma che non saluteranno mai nessuno una seconda volta. Veniamo dalle montagne, attraverseremo valli per raggiungere nuove vette; inesplorate e più pericolose. Corriamo, abbiamo la vita come obiettivo e la morte come alleata. Precipitevolissimevolmente diretti alla terra, siamo la decadenza festosa dell'esistere e della caduta. Siamo la faccia sbellicata della commedia, la smorfia dilaniata della tragedia. Sguaiati e lacerati ci affrettiamo ad
implodere, allo stesso modo di quel grasso demone chiamato universo che
inghiotte continuamente se stesso nelle sue risate di festa sacrificale. Chi resta da sedurre ora che il castello della regina è lontano? Chi ammaliare ora che i giochi sono finiti? Che fare se non armarsi di lucide parole taglienti e colpire e uccidere aspettando nient'altro che l'essere condannati? Fu così che il matto divenne mattatore. E ancora più tardi divenne poeta; l'unico autentico Figlio di quest’adorabile terra baldracca.
Alessandro Chalambalakis - los@ctonia.com |