Nietzsche, Friedrich, Umano, troppo umano, Giorgio Colli e Mazzino Montinari, a cura di, Milano Adelphi, Piccola Biblioteca (vol. I, prima ed. 1979; vol. II, prima ed. 1981). Presentazione
di Alessandro Chalambalakis «È vero, ci si trova molto, molto spesso al seguito dell’uomo, ma non in sua servitù. Quando l’uomo fugge la luce, noi fuggiamo l’uomo: a tanto arriva la nostra libertà». Dedicato
al centenario della morte di Voltaire, Umano, troppo umano -
Un libro per spiriti liberi, scritto tra il 1875 e il 1877-78
e uscito nel maggio 1878, è la prima grande raccolta aforistica
di Friedrich Nietzsche. L’opera costituisce per il filosofo tedesco
una tappa decisiva, un luogo di svolta per quanto riguarda ciò
che propriamente egli non sente appartenere a se stesso. Egli difatti,
con questo scritto, si libererà dalle influenze idealistiche della
metafisica romantica e, in particolare, dalle influenze di Wagner e di
Schopenhauer che com’è noto avevano guidato parte dei concetti
e degli intenti culturali espressi precedentemente ne La nascita della
tragedia. In Umano, troppo umano, non mancano tuttavia elementi
di forte continuità rispetto ai testi precedenti del filosofo tedesco:
fra tutti, la forte presenza di una critica della sterilità della
cultura accademica del proprio tempo. «“Umano, troppo umano” è il monumento di una crisi. Dice di essere un libro per spiriti liberi: quasi ogni frase vi esprime una vittoria – con quel libro mi sono liberato da ciò che non apparteneva alla mia natura. L’idealismo non mi appartiene: il titolo dice: “dove voi vedete cose ideali, io vedo – cose umane, ahi troppo umane!”… Conosco l’uomo meglio…» Nietzsche - con Umano, troppo umano - opta per la cultura mediterranea del meriggio, per la salute greca in opposizione al bieco e strumentale nazionalismo tedesco del teatro di Wagner («Essere un buon tedesco significa stedeschizzarsi») e del plato-kantismo di Schopenhauer. L’ideale deve essere ricondotto alla sua natura troppo umana, solo così lo spirito libero potrà scrollarsi di dosso i pesi, le catene e i vincoli illusori e inibitori della metafisica, della morale e dell’ideologia borghese del suo tempo. «Le nostre manchevolezze sono gli occhi con cui vediamo l’ideale». Così, l’illuminismo diventa grandiosamente in Nietzsche una categoria esistenziale, vicina alla vita, che si prefissa in primo luogo di condurre alla libertà, all’indipendenza e all’emancipazione del singolo. In quest’ottica salutare di smantellamento dell’incanto romantico, Wagner non diventa null’altro che l’espressione di un cattolicesimo nazionalista, antilibertario e dominato dai sentimenti tipici del filisteismo colto dell’epoca quali la pietà, il desiderio di redenzione e l’illusione metafisica. «I miei scritti parlano solo di me e dei miei superamenti: dentro ci sono “io”». Lo sfondo autobiografico di quest’opera è quell’isolamento liberatorio, quella volontà di salute capace di farsi nemica del pessimismo romantico dei vinti in nome di una volontà fiera, severa, desta, grata alla vita e capace di misurarsi con la tragedia con dignità e forza. |