Eco, Umberto, Storia della bruttezza, Torino, Bompiani, 2007.

Presentazione di Alessandro Chalambalakis
in Ctonia -2, Aprile 2008.

Doppio deforme del precedente Storia della bellezza (Bompiani, 2004), Storia della bruttezza (I edizione: ottobre 2007) è uno straordinario excursus storico-artistico dell’iconografia occidentale del brutto, del difforme, del disarmonico, dell’asimmetrico, del mostruoso, del grottesco, del casuale, del perverso e del diabolico.
Dal brutto nell’età classica alle rappresentazioni artistiche relative all’apocalisse e all’inferno, dall’iconografia del mostruoso alle rappresentazioni rinascimentali del comico e dell’osceno, dal sacrificio di Cristo al diavolo rappresentato nel mondo moderno, dal tema medioevale de Il trionfo della morte al Kitsch e al Camp, dalle raffigurazioni artistiche della stregoneria e del sadismo all’affrancamento romantico della bruttezza, Eco ripercorre un lungo itinerario introducendo, epoca per epoca e tematica per tematica, le questioni estetiche fondamentali per poi lasciare comodamente ampio spazio alla ricca quantità di illustrazioni e ad un’altrettanto ricca varietà di brani antologici che, da Platone a Warhol, affiancano le immagini quasi commentandole.
L’excursus di Eco svela come il brutto sia un concetto decisamente più problematico rispetto ad una sua semplice definizione come contraltare della bellezza, come negativo del bello - i cui canoni d’altronde facilmente cambiano lungo la storia -. Il brutto difatti finisce per rivendicare una propria specificità proprio nel senso del sentimento, spessissimo interessato, di rigetto e di orrore estetico-morale che suscita. La bruttezza finisce per trovarsi in una posizione decisamente peculiare: in virtù della repulsione che provoca si trova ad essere, in un certo qual modo, più facilmente condivisibile rispetto alla bellezza e, in questa condivisione, non esita a ricordarci come sia inevitabilmente connessa al disgusto e alla nausea morale nei confronti della morte, del sangue, della violenza, del carnale, del caotico e del demoniaco. Proprio in virtù della sua inesauribile forza di turbarci ne intuiamo difatti la potenza e la grandezza antitetica e, paradossalmente, una volta artisticamente rappresentato, ne riconosciamo morbosamente persino il fascino e la bellezza.