Baioni, Giuliano, Kafka: Romanzo e parabola, Milano, Feltrinelli, prima ed. 1962. Presentazione
di Salvo Incardona All’interno
della sterminata bibliografia kafkiana, ormai divenuta più che
cospicua anche tra le fila della germanistica italiana, il saggio di
Giuliano Baioni, pure a distanza di oltre quaranta anni dalla prima
pubblicazione, spicca nettamente per la sua originalità, per
la capacità – spesso sfuggita ai tanti, troppi interpreti
dello scrittore praghese – di scavarne a fondo l’opera senza
alterarne minimamente i contorni, senza turbarne i meccanismi con procedimenti
esegetici forzati e forse inutili. Attraverso un’impostazione
rigorosamente cronologica Baioni cerca di cogliere lo sviluppo organico
del corpus kafkiano, prova ad insistere favorevolmente sulle
dinamiche narrative e sulla dialettica interna. Enucleando quelli che
sono i motivi presenti nell’opera di Kafka – la solitudine,
la colpa, l’esilio, la malattia, la religione, la giustizia, il
rapporto conflittuale con l’universo femminile – l’autore
del presente saggio mette in luce l’inconsistenza dei vari approcci
ermeneutici susseguitisi senza alcuna interruzione subito dopo la morte
dello scrittore praghese, sottolineando invece come i motivi riconducibili
all’ebraismo siano fondamentali per comprendere le intenzioni
della sua narrativa. Nello specifico Baioni intuisce l’importanza
che in Kafka riveste «la coincidenza tematica del mondo ebraico
e del mondo borghese», avvertendo il profondo legame tra quel
genere che borghese è per eccellenza, ossia il romanzo, e le
parabole chassidiche con cui Kafka infarcisce ogni sua opera. Romanzo
e parabola sono quindi per Baioni le due dimensioni, i due poli tra
i quali si muove e oscilla l’intera narrativa kafkiana; la parabola,
espressa in forma di racconto, è il «momento passivo e
irrazionale della visione», il romanzo è ciò che
sovrappone a tale momento quello «attivo e razionale dell’interpretazione».
Due punti che sembrano escludersi e richiamarsi a vicenda, due sfere
tra le quali la verità sembra oscillare di continuo, in un dissidio
che è forse la vera essenza delle grigie pagine vergate da Franz
Kafka agli inizi del Novecento. |