Warburg, Aby, Il rituale del serpente, Milano, Adelphi, 2006. Presentazione
di Alessandro Chalambalakis Questo
scritto di Warburg è il risultato di una conferenza che egli tenne
nel 1923 come discorso d’addio a medici e pazienti al termine di
uno dei vari soggiorni in clinica ai quali era obbligato a causa di crisi
nervose. Questa conferenza, che venne poi pubblicata nel 1939 nel «Journal»
del Warburg Institute, muove da un viaggio presso gli indiani Pueblo e,
ponendo l’accento sul potere psichico delle immagini, arriva a cogliere
le caratteristiche principali del paganesimo e della magia. La lucida
analisi del rituale del serpente presso i Pueblo conduce Warburg a comprendere
l’analogia simbolica tra il fulmine e il rettile. Analogia sulla
quale questa tribù basa l’invocazione del temporale tramite
la danza con serpenti vivi. Warburg compie inoltre un excursus in merito
alla presenza e all’importanza del serpente nelle altre culture
mettendo in luce come questa potenza animale, vissuta come demone enigmatico,
simbolo tragico della paura, della seduzione, del tempo, della morte e
della rigenerazione, fosse centrale presso svariati culti antichi. Basti
pensare a Dioniso e ad Asclepio in Grecia, al Tiamat a Babilonia, al serpente
dell’antico testamento ecc.. Il serpente come potenza ctonia, tragica
e distruttrice che conduce ad una perdita estatica di sé, ad un
abbandono alla ferinità animale è, seppur in modalità
spesso differenti, uno dei principali simboli tramite il quale l’uomo
si è rapportato a se stesso, alla natura e al sacro. |