Heidegger, Martin, Il nichilismo europeo,
Milano, Adelphi, Piccola Biblioteca, 2003.

Presentazione di Alessandro Chalambalakis
in Ctonia -5, Luglio 2009.

Il nichilismo europeo è il testo estratto dal corso Nietzsche: il nichilismo europeo che Martin Heidegger tenne nel 1940 all’università di Friburgo. Nel 1961, tale scritto finirà poi per essere inserito e pubblicato insieme a tutti gli altri estratti testuali relativi a tutti i suoi corsi su Nietzsche (ed. it. Martin Heidegger, Nietzsche, Milano, Adelphi, 1995).

Franco Volpi, nel capitolo X de Il nichilismo (Bari, Laterza, 1996) - capitolo dedicato agli studi nietzscheani di Heidegger - suggerisce provocatoriamente che sarebbe forse possibile leggere l’ultimo Heidegger come «il disperato tentativo di sollevarsi dal de profundis nietzscheano». Il confronto diretto, dialogante, disputante e orientato a interrogare il testo nietzscheano fino allo spasmo aveva difatti realmente destabilizzato Heidegger scagliandolo in una cupa inquietudine filosofica e individuale. Nessuno legge Nietzsche senza sanguinare.

L’ermeneutica heideggeriana dell’opera nietzscheana troneggia difatti sia per tempo, studio, lezioni e seminari dedicatigli che per profondità, originalità e costante confronto con le problematiche più stringenti della contemporaneità. Se da un lato si può sicuramente affermare che Heidegger legge Nietzsche forzandolo verso le proprie tesi filosofiche circa la storia della metafisica occidentale, dall’altro si può affermare la grandezza di tali forzature sia nel senso della magistralità delle connessioni concettuali in tale lettura sviluppate sia nel senso dell’indubbia autenticità dell’urgenza intellettuale con la quale le connessioni heideggeriane vengono sentite.

A Nietzsche viene difatti assegnato lo spazio limitrofo tra il decisivo compimento finale della metafisica occidentale e la conseguente impellenza di un nuovo inizio. Heidegger vede dunque in Nietzsche colui che nonostante i continui rovesciamenti del platonismo (principalmente inteso come dottrina della contrapposizione tra mondo intelligibile vero e mondo sensibile come mera apparenza), vi rimane comunque imprigionato in quanto, in primo luogo, vi rimangono prigionieri quegli stessi capovolgimenti pensati entro i confini del platonismo medesimo.
Da questo punto di vista si capisce come la problematica nietzscheana del nichilismo occidentale/europeo e dunque della perdita del centro e della trasvalutazione di tutti i valori, rispetto alla quale Heidegger pone la questione del superamento, sia assolutamente nevralgica. Secondo Heidegger, Nietzsche è stato dunque l’ultimo filosofo della metafisica occidentale in quanto ha spinto rigorosamente quest’ultima fino al suo limite più estremo, fino alla sua più radicale esperienza della negativo e fino alla massima consapevolezza della finitudine umana in rapporto alla tragica potenza del nichilismo.

«La fine della metafisica si svela quale decadenza del dominio del soprasensibile e degli “ideali” che ne scaturiscono. La fine della metafisica, tuttavia, non significa affatto un cessare della storia. È l’inizio di un prendere sul serio questo “evento”: “Dio è morto”. Tale inizio è già in corso. Nietzsche stesso intende la sua filosofia come l’introduzione dell’inizio di una nuova epoca».

La morte di Dio dell’aforisma 125 de La gaia scienza, ovviamente in stretta connessione al tramonto storico dei valori e degli ideali fino alla tarda modernità ritenuti supremi, è interpretato da Heidegger secondo il proprio vocabolario filosofico: ovvero come «abbandono dell’uomo in mezzo all’ente».

«Il nichilismo è il processo storico attraverso il quale il “soprasensibile” viene meno e vede annullato il suo dominio, e di conseguenza l’ente stesso perde il suo valore e il suo senso».

Nondimeno, Heidegger traduce sia le categorie di volontà di potenza che di eterno ritorno all’interno del proprio lessico filosofico affermando che esse rispondono rispettivamente al che cosa e al come l’ente è. Secondo Heidegger, Nietzsche avrebbe in sostanza dato il colpo di grazia alla metafisica occidentale affermando che l’ente è volontà di potenza ed eterno ritorno compiendo così l’autopsia più radicale che la metafisica potesse operare su se stessa.
Così, Heidegger delinea la condizione di un uomo contemporaneo che ha finalmente svelato a se stesso la sua radicale confusione tra essere ed ente inteso principalmente come cosa modificabile, quantificabile e manipolabile tramite la tecnica. Infine, percependo con Nietzsche la radicale finitezza e caducità dell’ente si compie, con il nichilismo, con il lato notturno dell’occidente, il consapevole tramonto della lunga tappa metafisica della storia del’essere.