Dumézil, Georges, Gli dèi dei Germani, Milano, Adelphi, 2002. Presentazione
di Antonino Frenda Gli
dèi dei Germani ricopre senza dubbio un’importanza
di primo piano nella sterminata opera dumézilliana e negli studi
storico-religiosi novecenteschi. Il libro, preparato nell’autunno
del 1938, «dopo tre lustri di pesanti incertezze», fu pubblicato
l’anno dopo e salutato da Raffaele Pettazzoni come l’inizio
della «nuova mitologia comparata». In realtà, la
documentazione sulla mitologia germanica era orami “matura”,
grazie al contributo di grandi storici delle religioni germanico-scandinave
come Jan de Vries e Otto Höfler, tanto che il lavoro di Dumézil
finì con l’opporsi fermamente alle tradizioni filologiche
e storicizzanti di fine Ottocento, inaugurando la nota struttura delle
tre funzioni (sovranità, forza, fecondità)
che avrebbe innervato l’ideologia dei popoli indoeuropei. La nuova
metodologia viene così espressamente delineata dallo stesso Dumézil:
«davanti a un teologema o a un mito degli Scandinavi, è
dunque legittimo, anzi metodologicamente necessario, prima di negare
ad esso significato e antichità, considerare che le religioni
dei popoli parlanti lingue indoeuropee, gli Indiani, gli Italici, i
Celti non presentino una credenza o un significato omologhi».
Dopo aver dimostrato la struttura mitologica della contrapposizione
tra Asi e Vani, le due famiglie divine del pantheon scandinavo
(cap. 1), ecco dunque delinearsi in La magia, la guerra e il diritto
(cap. 2) le funzioni delle figure divine vedico-eddiche del re-mago-negromante
Odhinn, capace di legare magicamente i nemici in battaglia
come il Varuna vedico, ma in una guerra regale-aristocratica
e “magica”, sancita da Tyr, dio giurista e mutilato
dell’Assemblea (thing) «dove ci si riunisce in
armi, e, per approvare, si brandisce la spada o l’ascia oppure
si batte la spada sullo scudo». Alla guerra magico-giuridica caratteristica
della sovranità, si correla inoltre la funzione guerriera
della coppia divina Thorr\Indra, entrambi uccisori di demoni
e giganti ma anche guerrieri dagli attributi cosmico-fertilistici e
agrari. La «visione pessimistica del diritto germanico»
e la «ipertrofia della preoccupazione guerresca», aspetti
questi ancora di grande attualità nell’ambito degli studi
sulla religione scandinava, vengono stemperati dal teologema cosmo-escatologico
di Baldr, figlio di Odhinn, che accomuna le credenze
germaniche a quelle indoiraniche e mazdee in particolare (cap. 3). Sovranità
e forza cedono infine il posto al piacere e alla fecondità produttivista
dei Vani Njörd e Freyja (cap. 3) le cui gesta
ierogamiche si conservano abbondantemente nel folklore, nelle epopee
e nelle “tradizioni popolari” norrene. Ora, la mitologia
“comparata” di Dumézil si è trasformata prodigiosamente
essa stessa in mitologia, come ha notato il suo brillante allievo
Daniel Dubuisson (1995). Per altri, come Carlo Ginzburg (1986), si è
rivelata al contrario una mitologia funesta, complice dei miti e dei
simboli del nazionalsocialismo tedesco. Ma Gli déi dei Germani,
con buona pace dei suoi detrattori, seppur acuti e autorevoli, ci restituisce
ancora un impareggiabile e vibrante orizzonte storico-religioso, da
scagliare come se fosse un nuovo mjöllnir contro i perniciosi
trends tolkeniano-danbrowneschi, questi si, forieri di spaventose
mode mediatiche e pseudo-esoteriche, nuova frontiera di una rinnovata
de-mitizzazione del patrimonio mitologico-religioso tradizionale europeo. |