Dumézil, Georges, Gli dèi dei Germani, Milano, Adelphi, 2002.

Presentazione di Antonino Frenda
in Ctonia-5, Luglio 2009.

Gli dèi dei Germani ricopre senza dubbio un’importanza di primo piano nella sterminata opera dumézilliana e negli studi storico-religiosi novecenteschi. Il libro, preparato nell’autunno del 1938, «dopo tre lustri di pesanti incertezze», fu pubblicato l’anno dopo e salutato da Raffaele Pettazzoni come l’inizio della «nuova mitologia comparata». In realtà, la documentazione sulla mitologia germanica era orami “matura”, grazie al contributo di grandi storici delle religioni germanico-scandinave come Jan de Vries e Otto Höfler, tanto che il lavoro di Dumézil finì con l’opporsi fermamente alle tradizioni filologiche e storicizzanti di fine Ottocento, inaugurando la nota struttura delle tre funzioni (sovranità, forza, fecondità) che avrebbe innervato l’ideologia dei popoli indoeuropei. La nuova metodologia viene così espressamente delineata dallo stesso Dumézil: «davanti a un teologema o a un mito degli Scandinavi, è dunque legittimo, anzi metodologicamente necessario, prima di negare ad esso significato e antichità, considerare che le religioni dei popoli parlanti lingue indoeuropee, gli Indiani, gli Italici, i Celti non presentino una credenza o un significato omologhi». Dopo aver dimostrato la struttura mitologica della contrapposizione tra Asi e Vani, le due famiglie divine del pantheon scandinavo (cap. 1), ecco dunque delinearsi in La magia, la guerra e il diritto (cap. 2) le funzioni delle figure divine vedico-eddiche del re-mago-negromante Odhinn, capace di legare magicamente i nemici in battaglia come il Varuna vedico, ma in una guerra regale-aristocratica e “magica”, sancita da Tyr, dio giurista e mutilato dell’Assemblea (thing) «dove ci si riunisce in armi, e, per approvare, si brandisce la spada o l’ascia oppure si batte la spada sullo scudo». Alla guerra magico-giuridica caratteristica della sovranità, si correla inoltre la funzione guerriera della coppia divina Thorr\Indra, entrambi uccisori di demoni e giganti ma anche guerrieri dagli attributi cosmico-fertilistici e agrari. La «visione pessimistica del diritto germanico» e la «ipertrofia della preoccupazione guerresca», aspetti questi ancora di grande attualità nell’ambito degli studi sulla religione scandinava, vengono stemperati dal teologema cosmo-escatologico di Baldr, figlio di Odhinn, che accomuna le credenze germaniche a quelle indoiraniche e mazdee in particolare (cap. 3). Sovranità e forza cedono infine il posto al piacere e alla fecondità produttivista dei Vani Njörd e Freyja (cap. 3) le cui gesta ierogamiche si conservano abbondantemente nel folklore, nelle epopee e nelle “tradizioni popolari” norrene. Ora, la mitologia “comparata” di Dumézil si è trasformata prodigiosamente essa stessa in mitologia, come ha notato il suo brillante allievo Daniel Dubuisson (1995). Per altri, come Carlo Ginzburg (1986), si è rivelata al contrario una mitologia funesta, complice dei miti e dei simboli del nazionalsocialismo tedesco. Ma Gli déi dei Germani, con buona pace dei suoi detrattori, seppur acuti e autorevoli, ci restituisce ancora un impareggiabile e vibrante orizzonte storico-religioso, da scagliare come se fosse un nuovo mjöllnir contro i perniciosi trends tolkeniano-danbrowneschi, questi si, forieri di spaventose mode mediatiche e pseudo-esoteriche, nuova frontiera di una rinnovata de-mitizzazione del patrimonio mitologico-religioso tradizionale europeo.