Tiqqun, Elementi per una
teoria della Jeune-Fille, Presentazione di Marco
Tabacchini Se con ‘dispositivo’ intendiamo qualsiasi cosa che agisca nel catturare e governare l'esistenza stessa degli esseri viventi, si potrebbe allora identificare la Jeune-Fille come il dispositivo più radicale che sia mai stato dispiegato, nella microfisica del potere, allo scopo di rendere i corpi politicamente inoffensivi. Per quanto essa abbia elevato il desiderio, la seduzione, la giovinezza e la sensualità al rango di macchine da guerra, l'esistenza della Jeune-Fille, estremamente docile e malleabile rispetto ad ogni spinta e ad ogni pressione, ricorda più la duttilità della materia molle che la resistenza informe insita nella carne: se la seconda coincide con l'aver luogo di incessanti metamorfosi, la prima non è altro che la sua copia diabolica, il luogo accogliente e privilegiato di infinite identificazioni, di contraddittori processi di iper-soggettivazione (e, dunque, di iper-assoggettamento). L'estensione del dispositivo della Jeune-Fille a tutte le categorie sociali prolifera di pari passo con il recupero radicale di ogni scarto – di ogni parte maledetta, secondo le parole di Bataille - da parte del capitale e della macchina economica. Ogni individuazione si riversa così senza sosta nell'infinità virtualità di relazioni che permette ad ogni cosa la puntuale attribuzione di un rapporto e di un valore. Borghesi e drogati, adolescenti, donne, criminali, politici e rivoluzionari. E ancora: modelle, omosessuali, padri di famiglia, artisti. La Jeune-Fille è la veste gloriosa e perfettamente apparente attraverso la quale si perpetra nel mondo ridotto a spettacolo la cosmetica della catastrofe antropocentrica. Veste privilegiata ed ambita, massimamente desiderata: quello che nella Jeune-Fille sopravanza rispetto al concetto ingenuo di dominazione è infatti la preminenza della cura del sé, dell'endosorveglianza, rispetto alla semplice costrizione. La posta in gioco è nientemeno che quella del controllo totale – e totalitario – di ogni singolo frammento di vita, la sua inclusione nelle relazioni di potere, la sua sottomissione nel processo di antropomorfosi del capitale (dopotutto, cos'è la Jeune-Fille se non il compimento al massimo grado del concetto di capitale umano?). Ecco allora la strategia della Jeune-Fille: similmente a quanto accade per ciò che chiamiamo ‘l'umano’, essa tenta di contrarre la propria natura in pura tautologia, a tal punto essa trova nella propria rappresentazione, nel proprio spettacolo, tanto la sua più intima giustificazione quanto la sua più diretta teleologia. Ed è proprio in questo sotterfugio che si smaschera la portata costitutivamente umana del suo valore: «La Jeune-Fille è il presente, e forse già il passato, dell'uomo». Essa segna la nostra cattura in quel dispositivo di assoggettamento rispetto al quale siamo già da sempre in ritardo. |