Presentazione
di Marco Tabacchini È
nell'incontro tra sguardo e desiderio - in quell'istante in cui è
l'immagine di un corpo ad affiorare - che si gioca tutto il complesso
rapporto tra nudo e nudità. Rapporto che è più uno
scarto, uno iato tra il rendersi immagine del primo e l'incessante movimento
di scivolamento che caratterizza la seconda. Nudo e nudità sono
come votati a non incrociarsi mai, ad inseguirsi incessantemente, la seconda
scivolando al di là di quella cristallizzazione offerta dal nudo
allo sguardo. In questo movimento, il nudo si rende così supporto
al desiderio e alla trasgressione, ed è sempre il nudo a chiamare,
in qualche modo, la sua stessa profanazione, il consumo del suo offrirsi.
Per quanto esso possa sembrare distante ed impenetrabile, chiuso nelle
sue forme armoniose e compatte – quanto ormai si è lontani
da una certa liquidità della nudità... -, esso non può
che chiamare alla sua stessa profanazione per contatto. In qualche modo
non è lì che per questo: come l'interdetto attende la sua
trasgressione, si può dire che la sacralità del nudo non
attende altro che il suo abbassamento vertiginoso, la degradazione più
infamante. Nel nudo ogni chiusura si protrae verso la possibilità
della sua apertura, ogni idealismo verso la bassezza e l'oscenità
della carne, ogni distanza della visione verso la violenza di una presa,
di un possesso. «Non vi è immagine del corpo senza immaginazione
della sua apertura», ci ricorda Didi-Huberman. Non tanto perché
ogni immagine del corpo è da sempre disattesa dalla pluralità
che si cela sotto l'apparenza unitaria del corpo stesso, il suo essere
moltitudine: ciò che qui è in gioco è il carattere
sacrificale che ogni immagine del nudo richiama su di sé, il suo
offrirsi direttamente all'uso, al consumo in cui i corpi non sono altro
che accidenti nel movimento del desiderio. Il desiderio non si ferma sui
corpi, non li tocca, si potrebbe dire perfino che non li incontra nemmeno,
irretito nel suo sguardo attivo-dispositivo. Al limite, ciò che
il desiderio porta con sé è la possibilità di aprire
questi corpi al di là del loro eccesso di presenza, in direzione
dello stesso piacere, immaginato ed immaginativo. Aprire i corpi, e prima
ancora aprire le loro immagini, lacerarne le pelli sottili, nella ricerca
di quel segreto così impenetrabile da essere la loro cifra più
essenziale: il segreto della nudità e della esposizione. |