Didi-Huberman, Georges, Aprire Venere. Nudità, sogno, crudeltà, Torino, Einaudi, 2001.

Presentazione di Marco Tabacchini
in Ctonia -4, Gennaio 2009.

È nell'incontro tra sguardo e desiderio - in quell'istante in cui è l'immagine di un corpo ad affiorare - che si gioca tutto il complesso rapporto tra nudo e nudità. Rapporto che è più uno scarto, uno iato tra il rendersi immagine del primo e l'incessante movimento di scivolamento che caratterizza la seconda. Nudo e nudità sono come votati a non incrociarsi mai, ad inseguirsi incessantemente, la seconda scivolando al di là di quella cristallizzazione offerta dal nudo allo sguardo. In questo movimento, il nudo si rende così supporto al desiderio e alla trasgressione, ed è sempre il nudo a chiamare, in qualche modo, la sua stessa profanazione, il consumo del suo offrirsi. Per quanto esso possa sembrare distante ed impenetrabile, chiuso nelle sue forme armoniose e compatte – quanto ormai si è lontani da una certa liquidità della nudità... -, esso non può che chiamare alla sua stessa profanazione per contatto. In qualche modo non è lì che per questo: come l'interdetto attende la sua trasgressione, si può dire che la sacralità del nudo non attende altro che il suo abbassamento vertiginoso, la degradazione più infamante. Nel nudo ogni chiusura si protrae verso la possibilità della sua apertura, ogni idealismo verso la bassezza e l'oscenità della carne, ogni distanza della visione verso la violenza di una presa, di un possesso. «Non vi è immagine del corpo senza immaginazione della sua apertura», ci ricorda Didi-Huberman. Non tanto perché ogni immagine del corpo è da sempre disattesa dalla pluralità che si cela sotto l'apparenza unitaria del corpo stesso, il suo essere moltitudine: ciò che qui è in gioco è il carattere sacrificale che ogni immagine del nudo richiama su di sé, il suo offrirsi direttamente all'uso, al consumo in cui i corpi non sono altro che accidenti nel movimento del desiderio. Il desiderio non si ferma sui corpi, non li tocca, si potrebbe dire perfino che non li incontra nemmeno, irretito nel suo sguardo attivo-dispositivo. Al limite, ciò che il desiderio porta con sé è la possibilità di aprire questi corpi al di là del loro eccesso di presenza, in direzione dello stesso piacere, immaginato ed immaginativo. Aprire i corpi, e prima ancora aprire le loro immagini, lacerarne le pelli sottili, nella ricerca di quel segreto così impenetrabile da essere la loro cifra più essenziale: il segreto della nudità e della esposizione.